La Rockstar della Pigitalia, ovvero come contrabbandare un misto tra Fulvio Marzocchella e l’onorevole La Russa per la reincarnazione di John Paul Jones. Protagonista della vicenda è un bassista di nome Damyan, che – al termine di una tournée presso alcune di sagre della caciotta – si sfoga con un micidiale monologo interiore. “Il tour dei concerti è terminato, e con esso l’illusione di onnipotenza e megalomania. Eccomi, nuovamente solo, qui nella mia stanza. Questa è la mia unica e vera realtà. Quando le luci del palco si spengono e cessano gli applausi, tutto finisce!“. La vena crepuscolare-esistenzialista dello sceneggiatore del pornazzo non si placa, ed ecco Damyan in crisi creativa rimproverato da un compagno della band, manco fosse Jim Morrison che si appiccica con Ray Manzarek. Motivo dell’insoddisfazione dell’eroe è l’abbandono di una groupie, involatasi dopo un breve incontro amoroso. E qui si tocca il sublime. Damyan si ritrova infatti nel salotto buono della zia, presumibilmente arredato da Aiazzone e spacciato dal regista per una suite a cinque stelle. La groupie (Sophya Lami), che irrompe nella stanza dopo aver bypassato la security (sì, vabbè), sfoggia un marcato accento da mercenaria dell’Est. E cosa dire del rutto in risposta alla dichiarazione di stima?
Certo, Damyan non è Bob Geldof e dietro la macchina da presa non c'è Alan Parker.
Ma "Rockstar" sa essere ancora più opprimente e nichilista del film floydiano.
Ora, se permettete, vado a spaccare la mia stanza con un'ascia. Questa clip m'ha fatto venire "one of my turns".
La Rockstar della Pigitalia, ovvero come contrabbandare un misto tra Fulvio Marzocchella e l’onorevole La Russa per la reincarnazione di John Paul Jones. Protagonista della vicenda è un bassista di nome Damyan, che – al termine di una tournée presso alcune di sagre della caciotta – si sfoga con un micidiale monologo interiore. “Il tour dei concerti è terminato, e con esso l’illusione di onnipotenza e megalomania. Eccomi, nuovamente solo, qui nella mia stanza. Questa è la mia unica e vera realtà. Quando le luci del palco si spengono e cessano gli applausi, tutto finisce!“. La vena crepuscolare-esistenzialista dello sceneggiatore del pornazzo non si placa, ed ecco Damyan in crisi creativa rimproverato da un compagno della band, manco fosse Jim Morrison che si appiccica con Ray Manzarek. Motivo dell’insoddisfazione dell’eroe è l’abbandono di una groupie, involatasi dopo un breve incontro amoroso. E qui si tocca il sublime. Damyan si ritrova infatti nel salotto buono della zia, presumibilmente arredato da Aiazzone e spacciato dal regista per una suite a cinque stelle. La groupie (Sophya Lami), che irrompe nella stanza dopo aver bypassato la security (sì, vabbè), sfoggia un marcato accento da mercenaria dell’Est. E cosa dire del rutto in risposta alla dichiarazione di stima?
Commenti
E' chiara la citazione di The Wall
Certo, Damyan non è Bob Geldof e dietro la macchina da presa non c'è Alan Parker.
Ma "Rockstar" sa essere ancora più opprimente e nichilista del film floydiano.
Ora, se permettete, vado a spaccare la mia stanza con un'ascia. Questa clip m'ha fatto venire "one of my turns".
"io di quella ragazza, avevo perso letteralmente la testa"
il vero tocco di classe è il rutto nonchalantico…
Hey sono ancora vivo. Non posso certo reincarnarmi nel corpo di Damyan, anche se confesso avrei molto voluto.
Che idolo, altro che john paul jones!!!
"Toccarmi.. solo toccarmi?!"
la tipa va assolutamente segnalata a schicchi
A me ricorda Pantani il tizio…